(ANSA) – ROMA, 25 MAR – Ha ballato una sola estate l’Italia di Mancini campione d’Europa, isola felice in un cammino tormentato fatto di due assenze ai mondiali consecutive. Allora, non era tutta colpa dello sprovveduto Ventura, capro espiatorio per il flop 2018. Il calcio italiano deve riazzerarsi nuovamente. Dai club alla federazione, dai tecnici ai giocatori, dai procuratori ai vivai, tanti i soggetti coinvolti. Da Bearzot in poi i ct hanno spesso preferito affondare coi fedelissimi piuttosto che predisporre un ricambio. Mancini aveva meno motivi per farlo, a distanza di pochi mesi dall’Europeo vinto. Lo spirito di squadra sembra essersi però dissolto.
– TECNICI POCO CORAGGIOSI: Ci sono i grossi nomi (Sarri, Mourinho, Allegri), gli esperti in predicato di vincere (Pioli, Spalletti, Inzaghi, Gasperini), i giovani dotati (Italiano, Dionisi, Tudor), ma la differenza con le partite di Premier e Liga e’ abissale.
– CLUB EGOISTI: troppi galli in un pollaio senza un equilibrio di visione e interessi fra grandi e piccoli.
Meglio spartirsi qualche osso che programmare per crescere. Rimandare un turno per aiutare Mancini è stato bocciato. E non basta a giustificare questa miopia le ingenti somme perse in due anni causa covid.
– FIGC: arduo il compito del presidente Gravina chiamato a gestire la nazionale confliggendo spesso con gli interessi dei club. Cambiare le regole, riformare i campionati e ridurre il numero delle squadre in A è un progetto che continua ad essere in salita.
– VIVAI E PROCURATORI: le squadre Primavera sono piene di stranieri. Costano di meno, vengono presi ‘all’ingrosso’, procurano cospicui introiti di intermediazione. Il beffardo risultato è però che perdono anche non promuovendo giocatori italiani. All’estero (il Barcellona insegna) funziona diversamente. (ANSA).