HOMEPAGE APPUNTAMENTI Veroli, Venerdì Santo: torna dopo due anni la processione mattutina dell’Addolorata

Veroli, Venerdì Santo: torna dopo due anni la processione mattutina dell’Addolorata

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E’ ancora buio alle cinque del mattino. Un buio di mestizia e drammaticità. Un buio complesso e arcaico impregnato di penitenza e di preghiera.  Prima la Croce, “linguaggio” solenne, scarno ed essenziale a richiamare la pena che pulisce e apre al mondo più dell’uomo sazio. Seguono le donne, poi i fratelli, poi la Madre Addolorata dal volto bello e dagli occhi tristi e trasparenti.

Sono passi penitenti, che toccano la terra, nudi e votivi. Piedi che chiedono e a volte ringraziano. Silente l’aria non vibra. L’intimità dei pensieri si tocca a capo basso di chi cammina accanto. Ad accompagnare il passo lento e cadenzato, solo il bisbiglio delle donne che recitano qualcosa di solo loro nel canto.  Litanie che evaporano come impronta di un dito.

Le chiese aprono le porte. Si entra. Si prega. Si riparte. Quando la Madonna si ferma, le donne in fila l’una dietro l’altra vanno a toccare il manto con un gesto breve delle dita come si fa nell’acquasantiera. Improvviso, giunge nell’alba crudele il canto straziato dei fratelli.

Anche la luce del giorno chiede permesso: speranza e redenzione si nutrono in fondo di cecità. Nel ventre del paese, tra i vicoli pietrosi, tra il grigio d’ombra naturale delle case dove c’è posto solo per finestre chiuse illuminate dal raggio radente delle lampade, quel nastro di velluto nero si scioglie. Si procede con l’andatura di un latrato.

Nel punto chiaro della strada, lo spazio si apre e respira. Il corteo è un’immagine di aria e pietra, di gesto e assenza. La sfocatura delle cose prende una definizione estrema, e il lamento delle preghiere diventa cosa visibile. Tra l’albero pesante di primavera e la montagna sullo sfondo, tra le case e la terra che si perdono in lontananza.  Croce, donne, fratelli e Madonna procedono un passo dopo l’altro verso un azzurro sbiadito di bianco, come uccelli svuotati di canto. Si sale per gli antichi vicoli e si scende quando il giorno inizia ad illuminare le antiche pietre.

Fuori le porte, seduti sulle sedie o sulle scale stanno soprattutto i vecchi, immobili e in silenzio come insetti, più stanchi dell’attesa che di quanto il cammino promette. Balzano in piedi: “Arriva la Madonna”, la parte alta del paese si inchina a quel dolore antico, scende verso il borgo medievale e tutto si eleva. Abitudini che tornano, ore che cambiano, stagioni che ruotano. Tocco perfetto dell’ incurante bellezza di una Veroli che intorno tace ai piedi di quel manto leggero, spostato solo dall’aria come seme nel vento.

I vivi e i morti, in fondo, sono uguali: vogliono un nome e infine pace, come ogni cosa l’espansione, come il calore l’altezza. Lento il fluire dei minuti, lento il giorno a dare luce, lento il guardarsi indietro in cerca di un’ immagine nell’amarezza del tempo presente. In lontananza, montagne e terra salgono allo sguardo lievi come ostie.

Si gira in tondo. Il paese è finito, così come il dolore degli uomini. E’ pace per il poco corpo, per la mente che non sente i sapori, per gli affanni che ululano sotto le porte della veglia, mentre gli uccelli passano silenziosi come le ore, come gli altri. Ancora orfani di Dio si attraversa in tondo quel tragitto che separa  due capi opposti di buio.

Si resta così, pietrificati davanti a quel passaggio che scorre silente come acqua. Indifferente s’avanza il giorno. Le nuvole del mattino si posano leggere sulla cima delle colline, come il velo sulla fronte della Madonna.

Monia Lauroni

Photo: Augusto Cestra, Maurizio Fiorini, Gian Luca Franconetti