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Veroli – Festa di Santa Salome, le sue ‘regole’ ed i suoi antichi cerimoniali

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 Il 25 Maggio a Veroli, giorno della festa della Santa Patrona Maria Salome, che quest’anno a causa dell’emergenza sanitaria da Covid 19, si declina solo nella sua veste liturgica ad eccezione della processione, è sempre stato per la Città e per tutta la diocesi, uno dei momenti più sentiti e partecipati sia dal punto di vista religioso che attrattivo. Aveva un suo cerimoniale, una sua ‘regola’ e coinvolgeva religiosi, artigiani, autorità e popolazione. Mai come ora è necessario un salto nel tempo per rinverdire un culto antico, per ritrovare fiducia nella nostra Storia e trasformarla in speranza per il futuro. Quel futuro che troppo spesso crolla all’urto di un tempo troppo veloce e non sempre favorevole. La prima menzione della liturgia festiva di Santa Maria Salome risale al 1289. Si tratta di una bolla di Nicola IV, con la quale il papa concedeva l’indulgenza di un anno a quanti si fossero recati nella chiesa della Santa Protettrice il giorno della festa e per i successivi otto giorni. Le feste che si celebravano in onore della santa erano due: il 17 ottobre (chiamata volgarmente Festa dell’Invenzione) e la più solenne nel mese di Maggio (Festa della Traslazione). La processione che si snodava per le vie principali della città era ordinata secondo un antico e minuzioso cerimoniale. In testa al corteo un reparto di militari coordinati da un ufficiale a cavallo, seguivano le confraternite cittadine (dodici all’epoca) e in ultima quella della Santa Patrona che accompagnava le giovani orfane del Filonardi. il corteo processionale si chiudeva con la banda musicale proveniente da paesi limitrofi fino a quando nel 1841 non venne costituita la banda musicale cittadina intitolata a Santa Cecilia e a Santa Salome. Seguiva alla banda il clero preceduto dalla croce processionale. In ordine tenevano il passo i regolari dei conventi cittadini, i Minori Osservanti e gli Agostiniani, il clero secolare, i chierici, i seminaristi, i sacerdoti semplici e i beneficiari in cotta e stola, i parroci e i canonici delle collegiate. Davanti al talamo sul quale era collocato il busto d’argento dorato con le reliquie, accompagnato ai lati da due canonici, vi era il decano della Cattedrale che portava il pastorale del Vescovo che invece seguiva da ultimo e dietro di lui le autorità civili (governatore, gonfaloniere, anziani) e i “salariati” comunali. Un immenso popolo chiudeva il corteo, tutti con in mano una candela accesa che veniva poi lasciata in dono alla Santa. A vigilare il percorso del corteo i “regolatori” assistiti dai militari. Durante la processione scoppiavano mortaretti e tutte le campane di tutte le chiese cittadine suonavano a festa. Molto suggestive erano le torce e le fiaccole accese ad illuminare le vie (nel 1742 se ne contarono circa quarantamila) ornate da archi trionfali rivestiti di rami di bosso e di edera ad opera degli artigiani cittadini. Dalle finestre dei palazzi scendevano drappi e parati multicolori. Le liturgie festive erano presenziate dalle magistrature comunali con indosso i roboni, simbolo della loro autorità. Queste venivano scortate da sei granatieri in livrea. Il giorno della festa della patrona e “avvocata” della città erano proibiti i lavori servili e i giochi nella piazza antistante la chiesa durante le funzioni e, come si legge nello statuto municipale dell’epoca, il delitto della bestemmia prevedeva una multa di 100 soldi (il doppio rispetto alla regola) se si offendeva il nome di Santa Salome. Fino alla metà del XVI secolo il consiglio comunale deliberava l’offerta di un cero votivo. La festa patronale era di principale importanza anche per l’economia. Era tradizione infatti allestire una grossa fiera che ospitava non solo i cittadini, ma anche commercianti ed artigiani del circondariato. Per la moltitudine di gente che arrivava a Veroli per vendere e acquistare veniva nominato un presidente che aveva il compito di esigere i dazi e mantenere l’ordine pubblico. Dagli archivi risulta che fino al XVIII secolo si svolse una corsa di cavalli e si fa menzione ad un palio (fonte: Verulana Ecclesia di Marcello Stirpe). Era il 1209 quando, scavata le terra e spostate le rocce, venne alla luce una pietra riportante l’epigrafe” Maria Mater Joannis Apostoli et Jacobi en ista”. Il sacro miracolo delle radici della nostra terra, che ricominciano sempre nuove da centinaia di anni. I suoi voli d’aquilone, impossibili senza il filo tenuto al palo dai maestosi discorsi della nostra Storia.

Monia Lauroni