“Paesaggi” la mostra personale del pittore verolano Paolo Gaetani, a cura di Alfio Borghese, dal 20 al 28 maggio a Veroli presso il Chiostro di Sant’Agostino. Vernissage sabato 20 alle ore 17,00. Un percorso espositivo composto da venti opere sapientemente dipinte dal’apprezzato artista verolano. I “Paesaggi” di Gaetani sono la trama della tela che sospende e mette in attesa il gesto artistico facendo sì che si percepisca una leggerezza forte, la tenebra luminosa e il peso dei sogni con periziosa e volontaria ‘incuria’. Ogni opera è un racconto e ogni forma animata e non, abita in quei luoghi. Un legame univoco, i colori, le azioni, le sfumature vivono in quei paesaggi, facendo di una intera esposizione un viaggio “non itinerante”. Paesaggi che diventano luoghi mentali, che coagulano presenza/non presenza sulla tela, immagine e ricordo di questa, sostanza ed ombra passata attraverso il buio e la luce. In un continuo spostamento, che radica i frutti materici e di segno pittorico, sino a trasmutarli in linguaggio. Ci vogliono troppe parole per descrivere il silenzio. Troppi silenzi per descrivere il momento. I Paesaggi di Paolo Gaetani sono autentici, possiedono un’anima, un nocciolo segreto originario a cui è consegnata l’attività di riflessione primaria da cui sorge tutto. La sua pittura non è altro che l’atto finale e la muta testimonianza di una ricerca di senso. Volumi corposi e stretti di edifici arroccati in cui le ombre portate sono importanti quanto gli oggetti e le figure che le gettano. Tratti, segni, linee in una incidenza mai causale. E in questo sistema geometrico di linee e confini, di esatte ombre e luci, gli occhi rintracciano una serie continua di corrispondenze visive. Lo sguardo è costretto a rallentare, così il battito del cuore e la respirazione, come in una sorta di meditazione. Nei lavori di Gaetani tutte le vedute testimoniano una malinconica assenza e una perenne ricerca di un centro: percepito ma introvabile. La visione interiore, come un esercizio spirituale, tutte le vedute testimoniano un’assenza e una perenne ricerca dell’essere. Grandi spazi, sinonimi di grandi silenzi, attraversati da poche e sottili linee rotte, oblique, che danno l’impressione nonostante la loro esiguità di riempire tutta la superficie. Linee che occupano, tagliano, organizzano e danno ritmo al respiro. Paesaggi alpestri con rocce e acqua cheta, architetture in rovina e vecchi casali contadini che si alternano a più serene vedute di campagne adagiate lungo le rive di contorni placidissimi, immerse nel silenzio dell’atmosfera velata del meriggio, con l’azzurro del cielo e i riflessi violacei delle montagne in lontananza. Il Paesaggio capace di far vibrare la poesia; è il quadro stesso a dettare le sue leggi. Un bersaglio raggiunto della freccia che l’arciere, che è in ognuno di noi, aristotelicamente saetta alla ricerca dell’essere. Paesaggi silenti e infiniti, tanto da far pensare, citando Leopardi, “…aldilà di quella, interminabili spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete, io, nel pensier mi fingo”.
Monia Lauroni