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Sette sere verolane per fare filosofia: al via il IV festival

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E’ un dato di fatto, un fenomeno che coinvolge ogni luogo. Avviene d’estate: si moltiplicano i pulpiti e le conseguenti platee en plein air. Ma non tutti i Festival si sono ridotti a un approccio salottiero né alla spettacolarizzazione della parola e del pensiero. D’altronde, ribaltando l’epitaffio di Manganelli, dalla parola ci si deve aspettare una rissa continua con la realtà, un atteggiamento ribelle nei confronti del proprio tempo, non l’arrendevolezza del solito sensazionalismo. Un momento di confronto fondamentale sarà accolto da Veroli nella quarta edizione del Festival della Filosofia. Dal 30 giugno al 6 luglio, in collaborazione con Frosinone Teatro Officine Bon Voyage, Veroli con al timone il suo primo cittadino Simone Cretaro affiancato dalla delegata alla Cultura Francesca Cerquozzi ideatrice insieme a Fabrizio Vona dell’evento, ospiterà un parterre di grandi nomi che discuteranno e faranno discutere su uno dei temi scottanti del mondo di oggi e di quello di domani: “La Tecnica e l’Umano”. Dove finisce l’Uomo e inizia la Tecnica. Dove la Tecnica non può arrivare. Dove l’Uomo resta padrone di sé stesso. Basta sbirciare il cartellone per prevedere dibattiti aperti in cui la Filosofia si farà terrena sorvolando a quote altissime le polveri materiali. Pensieri e tesi che attraverseranno millemila strade, da quella dell’animo a quella della macroeconomia. Nel 1950 Norbert Wiener pubblicava le sue riflessioni su cibernetica, scienza e società e scelse come titolo “L’uso umano degli esseri umani”. Parole in cui si coglieva già l’eco di un tempo cambiato in cui l’uomo, come un pioniere, spostava i propri confini sempre oltre, trascendendo da se stesso, varcando i limiti congeniti della sua natura per passare in una sfera che non è più naturale. Questo congedo dall’umano era cominciato almeno un quarto di secolo prima. Transumanismo o ‘semplice’ ed inarrestabile progresso? Quando si parla di futuro, seppur sulla base di competenze ed esperienze, è sempre un po’ guardare nella palla di vetro. Nonostante il campo tecnologico sia spesso vittima di fascinazioni passeggere, l’avvento delle AI sono di fatto una rivoluzione effettiva che porterà cambiamenti che andranno gestiti con saggezza e determinazione per evitare disastri. L’equilibrio è debole, ma va trovato. Sei pensatori di grana finissima toccheranno corde di strumenti diversi; sensibilità, umanità, globalizzazione, economia, guerra. L’obiettivo dovrebbe essere quello di ricavare ricchezza dalle Ai, ma di redistribuirla in maniera più equa di come si è fatto fino a ora con i grandi proventi della globalizzazione. Purtroppo, il mondo nel quale le macchine lavorano e gli umani fanno arte e poesia è solo fantascienza. Purtroppo o per fortuna. Bisognerà tirare la carretta, in salita, ancora a lungo, gestendo con saggezza e lungimiranza i grandi cambiamenti che clima, tecnologia e depauperazione delle risorse ci obbligheranno ad affrontare. Un mito da sfatare è l’illusione che si possa mettere sotto controllo etico l’utilizzo della tecnologia. L’attrattiva dell’automazione è evidente: i robot sono più economici, più resistenti e più sacrificabili degli esseri umani. Ma una macchina in grado di vagare per un campo di battaglia, e a maggior ragione di versare sangue su di esso, dev’essere abbastanza intelligente da sostenere un simile fardello. Un drone privo d’intelligenza non sopravviverà molto in un combattimento. Peggio ancora, un robot privo d’intelligenza e dotato di armi da fuoco può facilmente portare a un crimine di guerra. Il progresso non può essere fermato ma equilibrato. Magari incentivando e riscoprendo quelle professionalità che intervengono nella gestione del disagio sociale, della solitudine, della vecchiaia, della malattia. Professioni ancora solo ed esclusivamente umane. Esistono ed esisteranno cose che nessuna artificialità potrà eguagliare: gli amanti clandestini di paese che si incontrano lungo vie di campagna; quelli che corrono per ore a piedi a smaltire una pena che non dicono. Le mucche nei prati, così piene di fiducia nel loro carnefice. I piedi scalzi nell’acqua fredda della sorgente. L’enigma, il simbolico, il mistero della trasformazione, la bellezza dell’universo. Con il Pensiero e il dibattito l’umano può difendersi dal postumano. E Veroli potrà dire un giorno, magari sotto le forme di un avvincente guerriero, di averci provato. La direzione artistica, come sempre, è affidata alla mente umana di Fabrizio Vona e non poteva essere diversamente. Neanche in un universo artificiale parallelo e opposto.

Monia Lauroni