Inchiesta “Malaffare”, si va al 28 gennaio 2021 con il paletto procedurale importantissimo della costituzione in parte civile del comune di Cervaro. Contro gli imputati, fra cui vi è un imprenditore di Veroli. Un atto fondamentale, in punto di diritto e di opportunità che prescinde l’esito di un dibattimento appena agli esordi presso il Tribunale di Cassino. E che in quanto tale gode del ferreo ‘ombrello’ della presunzione di innocenza dei chiamati in causa fino in Cassazione. L’inchiesta è quella, spinosissima, per cui la magistratura e i Carabinieri forestali indagarono l’ imprenditore verolano e, con esso, l’ex sindaco di Cervaro, due assessori, il responsabile dell’ufficio tecnico e un dipendente della ditta di raccolta e smaltimento rifiuti che operava sul caso di specie. A suo tempo, si era nel 2019, il gruppo di indagati venne anche sottoposto a misure cautelari. L’inchiesta nacque come costola di una indagine della Dda romana su un presunto traffico illecito di rifiuti. Sulla scorta del bisogno di attenzionare alcune realtà ed alcuni personaggi, la pista condusse al fascicolo cassinate ed alle presunte responsabilità dell’imprenditore ernico. Tutto questo sulla scorta di ipotesi reato che andavano dalla corruzione alla turbativa d’asta fino al voto di scambio. Quest’ultima contestazione non trovò sostanza nel prosieguo del delicato fascicolo portato avanti da sostituto cassinate Emanuele De Franco e rilevato in sede preliminare dal collega Mattei. Fu il Gup Salvatore Scalera a decidere per la processabilità degli indagati, che sono comparsi nella veste di imputati alla prima udienza dibattimentale. Lì l’avvocato del Foro di Cassino Antonio D’Alessandro, in nome e per conto del comune di Cervaro, ha ottenuto la costituzione in parte civile nel procedimento. In quella stessa sede, quella dell’incardinamento e delle questioni preliminari, i difensori Sandro Salera e Paolo Marandola hanno eccepito l’utilizzabilità delle intercettazioni con cui la procura era arrivata a ‘fare tana presunta’ agli imputati. L’avvocato D’Alessandro ha chiesto il termine a difesa sul punto. Si tratta della possibilità procedurale che un legale ha, in un lasso di tempo definito, di prendere cognizione di atti emersi ‘in corso d’opera’. Questo per poter avere una visione completa degli sviluppi del procedimento.
Monia Lauroni