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L’Ostia Incarnata, il miracolo di Alatri

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Dagli scritti pervenutici risulta che il miracolo eucaristico di Alatri, nella sua tipologia, sia stato il primo e il più importante. Dopo avverranno quello di Bolsena nel 1264 e quello di Offida intorno al 1280. Ad Alatri era il 1228, ed una giovane – come si deduce dalla Bolla pontificia di Gregorio IX del 13 marzo 1228 -, empiamente sollecitata da una malefica donna, ricevette dalle mani del sacerdote il Corpo sacratissimo di Cristo; lo tenne in bocca finchè non le si presentò l’opportunità di toglierlo per nasconderlo in un panno. Quindi tenne la particola consacrata nascosta in casa e, dopo tre giorni, quell’ostia fatta con gli elementi con cui si fa il pane, trovò che era diventata un rosso brandello di carne. Dal vescovo di Alatri di allora, Giovanni V, sappiamo altresì che la giovane accorse da lui, insieme alla donna che l’aveva mal consigliata, a raccontare l’accaduto. Da qui la lettera del vescovo Giovanni al papa e la risposta di quest’ultimo, custodita nell’archivio capitolare di Alatri, che abbiamo in parte trascritto di sopra.

Il vescovo davanti a tale prodigio non sapeva come comportarsi con le due donne perciò scrisse a Gregorio IX in persona. Il papa decise che le donne non dovevano essere punite se non in modo molto lieve. È da rilevare che un atto sacrilego simile nel XIII secolo si pagava, se andava bene, con l’arresto e la tortura.

La particola è custodita nella Cattedrale di San Paolo.

Nella ricostruzione storica (scusate l’auto menzione) che osai fare qualche anno fa (“L’Ostia Incarnata, un miracolo medievale” Strambi Editore) ho tentato di illustrare il miracolo di Alatri documenti alla mano, chiarendo i fatti con umiltà e studio. Per chi volesse approfondire il testo è disponibile nel Chiostro di San Francesco ad Alatri e nella bottega dell’artista Gitò a Fumone.

Patrizio Minnucci