HOMEPAGE CRONACA La parità salariale tra uomini e donne è legge

La parità salariale tra uomini e donne è legge

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La parità salariale è legge dopo l’approvazione delle due camere. Cosa dice il testo e perché in Italia è una misura ancor più urgente rispetto al resto d’Europa. Dopo meno di quindici giorni dall’approvazione alla Camera, lo scorso ottobre anche il Senato ha approvato il provvedimento sulla parità salariale tra donne e uomini. Questa misura non è soltanto di contrasto al divario di genere, riconoscendo l’importanza di superare le discriminazioni e le disuguaglianze riservate alle donne nei ruoli professionali, ma anche la presa di coscienza che per uscire dalla crisi economica causata dalla pandemia, l’uguaglianza salariale tra donne e uomini è un’importante risorsa per uno sviluppo innovativo e sostenibile. Il divario di genere in Italia Pubblicato dal World Economic Forum (la fondazione senza scopo di lucro che ha sede a Ginevra e che ogni anno promuove l’incontro tra esponenti politici, economisti e intellettuali internazionali per discutere su temi urgenti), il Global Gender Gap Report 2021 ha fatto luce su come la pandemia abbia allungato i tempi necessari per il raggiungimento della parità di genere in tutto il mondo. Secondo il rapporto, infatti, occorreranno 135,6 anni contro i 99,5 stimati prima dell’arrivo del Covid-19. Nonostante l’Italia sia passata dal 76° posto al 63° in una panoramica di 156 Paesi soprattutto grazie al record storico di donne che hanno assunto ruoli di ministri, viceministri e sottosegretari, l’altro volto della medaglia riguarda proprio la partecipazione economica. Secondo il rapporto, infatti, l’Italia occupa l’ultimo posto in Europa e le donne, perdendo il lavoro molto più frequentemente degli uomini, faticano a raggiungere lo stesso livello di reddito e benessere. Altre fonti affermano la stessa problematica e, stando a quanto riferisce l’Eurostat, la differenza salariale dovuta al basso tasso di occupazione delle donne e all’alta percentuale di contratti part time a loro riservati, si attesta al 12%. Cosa stabilisce la legge approvata lo scorso ottobre dalle due Camere Il testo approvato dalle due Camere presuppone delle modifiche al decreto legislativo n. 198 dell’11 aprile 2006 a ad altre disposizioni messe a punto in ambito lavorativo in materia di pari opportunità. Il testo è, poi, in linea con la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 marzo 2021 volta al rafforzamento e all’applicazione della parità salariale. L’articolo 1 del testo valorizza il ruolo della consigliera nazionale che si impegnerà a trasmettere una relazione di monitoraggio della disparità salariale ogni due anni. L’articolo 2 aggiunge la modifica delle condizioni e dei tempi lavorativi svantaggiosi in base al sesso e alle esigenze familiari tra le cosiddette discriminazioni indirette. Parliamo di quei comportamenti sottintesi che pongono le donne in posizioni di svantaggio rispetto agli uomini. L’articolo 3 disciplina il rapporto per la verifica del principio di parità sia nelle imprese pubbliche che private, facendo riferimento alla selezione, reclutamento, all’accesso alla qualificazione e alla formazione professionale e alle misure volte alla promozione di tempi di lavoro e di vita privata in maniera conciliante. Tra le novità c’è, poi, l’estensione dell’obbligo di redigere il rapporto biennale anche ad aziende con più di 50 dipendenti; la pubblicazione dell’elenco delle aziende che hanno inviato il rapporto o meno sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per la garanzia della trasparenza; le modalità con le quali viene trasmesso l’elenco delle aziende obbligate a trasmettere il rapporto entro il 31 dicembre di ogni anno al consigliere di parità nazionale, regionale e delle città metropolitane e tutte le specifiche sanzioni messe in atto per i rapporti incompleti, falsi o che non hanno visto osservate le giuste modalità di redazione. L’articolo 4 istituisce la certificazione della parità di genere volta ad attestare tutte le buone politiche e misure che adottate dai datori di lavoro per ridurre il gap e gli sgravi fiscali fino a 50 mila euro per le aziende che hanno ottenuto la certificazione. Tutti gli sgravi sono descritti nell’articolo 5. L’articolo 6, poi, ordina l’equilibrio di genere in quegli organi di società pubbliche che non sono quotate in mercati regolamentati.

Elisa Rossi