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GLI ERNICI NON SONO I NOSTRI AVI, UN CONFRONTO COL COMPIANTO GIUSEPPE CAPONE

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Giudicare il passato con gli occhi del presente è il modo più sbagliato per capire cosa è avvenuto; se vogliamo comprendere i nostri avi e il loro sviluppo storico, dobbiamo sforzarci di compiere un cammino retrospettivo e assumere un principio fondamentale: nella storia “bene” e “male”, “positivo” e “negativo”, “giusto” e “sbagliato” non esistono, rappresentano solo semplificazioni beatificanti e demonizzanti applicate dalle generazioni successive.

Per quanto riguarda gli Ernici si tratta di un popolo, come è stato giustamente detto, misterioso, incomprensibile; il ricercatore trova un muro nella scarsità dei documenti che, in alcuni momenti, sono addirittura assenti. Lo sforzo quindi è immane! tuttavia lo storico Giuseppe Capone ha, negli anni, sviluppato un discorso affascinante che vi invitiamo a leggere. Unico appunto: gli Ernici, come tutti i popoli “pre-romani” e, per molti versi, anche gli antichi romani stessi non possono essere detti nostri avi. Un fantasma si aggira nell’ultimo millennio della storia d’Italia: l’identificazione fra gli italiani e gli antichi romani. A noi accade lo stesso con gli ernici. A mano a mano che le vicende della penisola peggioravano (i barbari, le invasioni straniere, l’Italia divisa) era troppo forte la tentazione di consolarsi con il ricordo della grande civiltà politico-militare-amministrativa romana.

Invano, già nel Cinquecento, Francesco Guicciardini scriveva che paragonare l’Italia di allora con l’antica Roma era come “volere che uno asino facessi el corso di un cavallo”; e Machiavelli rimproverava agli italiani di voler “resuscitare le cose morte”. Anche in tempi più recenti la politica fa spesso ricorso alla storia nei momenti di crisi, per suscitare emozioni e fornire stimoli: sia durante il Risorgimento (quando c’era da “fare l’Italia”) sia durante il fascismo (quando si voleva “riconquistare l’Impero”), lo slogan che faceva tutt’uno degli antichi romani e degli italiani venne ossessivamente ribadito. Per quanto ridicolo e antistorico, il seme della propaganda ha attecchito in ogni generazione, rendendoci contenti di “discendere” da una simile stirpe. Per goderci in pace questa antica convinzione preferiamo non considerare che già all’epoca del disfacimento dell’Impero quel popolo di conquistatori si era mischiato con i conquistati, egiziani e levantini, galli e iberici, greci e africani. Nelle scuole di ogni ordine e grado ciò non viene negato e si dà anche atto che poi arrivarono barbari di ogni specie e gli spagnoli, i tedeschi, i francesi, gli arabi. Ma non si dice che, come rileva il Guerri, “un italiano di oggi ha più probabilità di andare in galera se colpevole che di somigliare, nel viso e nel carattere, a un antico romano”. Questa saggia affermazione è stata compresa e digerita dallo storico e compianto Capone, con il quale ho avuto qualche divergenza sulla visione, la realtà e l’immaginario medievali, ma per quanto concerne gli Ernici il suo lavoro è senza dubbio straordinario. Grazie Monsignore.

Patrizio Minnucci