HOMEPAGE CRONACA Diario di Giorni di ordinaria Epidemia – Giorno 33

Diario di Giorni di ordinaria Epidemia – Giorno 33

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 Le restrizioni per combattere il Covid hanno modificato in parte l’essenza di quella che ero. Sentirsi come un’ ergastolana in isolamento e cercare in ogni pensiero redenzione. È solo il frutto di una delusione che arriva tardi e per esperienza diretta. Di Babbo Natale ho appreso da sola attorno ai 7 anni. Nessuno ce lo dice che le pretese di eternità nascondono la medesima piccola bugia. Spegnere i motori mi ha aiutata a fare silenzio intorno e dentro. Mi sono accorta che la gran parte delle mie azioni erano dettate da inquietudine e noia nel rimestare di un continuo svolgere e riavvolgere lo stesso nastro. Ho capito che tutti i piaceri della vita, a saper aspettare maturano e si riscaldano, e quando torneranno saranno più veri di prima. Ho capito quanto è importante avere un rapporto sereno con la propria solitudine, Ora so che la malattia di imbrattare fogli e l’esistenza delle mie gemme sempre in fiore, in sublime pariglia, guidano la mia esistenza, la esaltano, la elevano e la confortano in ogni circostanza. Non avrei alcun senso né come essere umano né come animale senza questa linfa, che predispone per me condizioni di rarefazione, di pace o di tristezza illimitati. Ho dato al mio tempo curve più ampie, luci morbide, voci basse. Ho capito che tutti coloro che ci siamo lasciati alle spalle spesso vanno raccolti in un sentimento di indulgenza, nell’umana comprensione di tutte le nostre debolezze; ma che altre volte bisogna seppellire i morti, che insepolti causano solo dolorose cancrene. Ho capito che è necessario non trascurare l’anima; dovrei farla uscire spesso, scioglierle i legacci, darle da respirare. Ho capito che il silenzio e la pace di questi giorni lasciano in giro una luce calda che cura. Non si vive solo di paura. Ho sentito che il mio cuore dà un battito e poi ne dà uno a vuoto. Fra un respiro e l’altro c’è la pausa di quello che non ho. L’amore costa. Ho capito che tutto deve avere una fine, anche questo sproloquio che ho portato avanti per trentatré giorni e che concludo ora nell’attesa di giorni più lucenti. Magari in quel dopo che non può più fare a meno di quel che siamo stati. E che da qualche parte, siamo ancora.

M.L.