C’è un mistero attorno all’ultima fatica dello scrittore romano: chi è il protagonista? Quale la trama? E il finale? Domande superlflue, perché i lettori di Foschini si aspettano tutt’altro dal loro scrittore. Ed egli lo offre a piene mani nel poema che sta per terminare e sarà in stampa tra poco: lo stile personalissimo che ha già impressionato, oltre gli affezionati, alcuni dei migliori critici viventi; basti pensare al paragone più che azzeccato della critica militante sul suo “Edoardo II” che vede l’autore ai livelli di Dylan Thomas e Carmelo Bene. A ciò si è recentemente aggiunto il saggista Franco Pezzini a confermare Foschini come uno tra i più originali prosatori italiani.
Ed ecco il poema prossimo che già fa parlare di sè in quanto l’autore raggiunge l’acme dello stile poetico in un libro di rara ferocia. Leggendo alcuni frammenti in anteprima questa ferocia di temi mitici e stilistici giganteggia sul panorama letterario italiano, dove è rarissimo frequentare scritti di tale portata poetica. Foschini pare proprio mettersi al tavolo di lavoro – come diceva Hemingway – e sanguinare; senza fare sconti a nessuno e soprattutto a sè stesso, egli sanguina tutto il suo stupore, le angosce, le virtù e i limiti dell’uomo senza scampo, senza tempo, senza pietà.
D’altra parte si era visto sin dai primordi della sua carriera letteraria che Foschini aveva la stoffa del narratore visionario ed eclettico, con il suo “Caligola” introdotto tra i 10 libri migliori di sempre sull’imperatore.
La conferma della sua indole poetica straordinaria arriva, senza pericolo di smentita, dal suo Sommo Poema totale, in cui tutte le reminiscenze, le battute a sincrono perfetto, il fraseggiare attento e la lingua sorvegliata, assieme ai temi più cari portano il lettore all’estasi più incredibile e sana, completamente in sintonia con il direttore d’orchestra di questa soave e terribile sinfonia.
Patrizio Minnucci
