HOMEPAGE CULTURA Alatri, Acropoli patrimonio Unesco? La riflessione di Tarquini

Alatri, Acropoli patrimonio Unesco? La riflessione di Tarquini

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Abbiamo accolto tutti con soddisfazione la decisione dell’UNESCO di elevare il ciclo giottesco della Cappella degli Scrovegni al rango di patrimonio dell’umanità. Analogo riconoscimento è stato decretato per Montecatini Terme e il suo complesso termale.
Qui da noi, ad Alatri, ogni tanto ne parliamo a proposito delle nostre Mura Ciclopiche e dell’Acropoli, anche se poi l’interesse si attutisce e soprattutto non si fa nulla che sia coerente con la volontà di raggiungere l’ambito traguardo.
Il discorso è vecchio e non c’è bisogno di ripeterlo. Dalle esperienze degli altri occorre però trarre insegnamenti, che possano tornarci utili.
Se si esamina, per esempio, il caso degli affreschi di Giotto (e chi può negare che si tratti di un bene irripetibile e insostituibile per la civiltà umana?), si scoprono dati molto significativi.
Il primo riguarda la “durata” della pratica, che è stata avviata la bellezza di venticinque anni fa, nell’anno di grazia 1996. Il secondo, ancora più interessante, concerne invece il tipo di riserve che hanno portato tanto alla lunga la decisione dell’UNESCO, e cioè che – come riassume Repubblica – “Giotto e i suoi affreschi, seppur considerati un gioiello di indiscutibile valore, erano però giudicati un sito troppo piccolo e avulso da un contesto generale per diventare patrimonio mondiale dell’Umanità”. E stiamo parlando di una “cappella” che nell’ultimo anno ha richiamato 300 mila visitatori, un flusso non da poco.
Come è stato superato l’ostacolo? Con una “riprogettazione” della proposta che ha riguardato non solo la cappella degli Scrovegni ma l’intero complesso degli affreschi trecenteschi di Padova – a partire da quelli del Palazzo della Ragione per proseguire con quelli di altre chiese e conventi della città e dell’immediato circondario – in modo da delineare un percorso che, tutto insieme, testimonia nella città la fase iniziale, la premessa, della nuova visione che avrebbe portato alla rivoluzione della pittura rinascimentale.
Quale è, allora, l’insegnamento che può tornarci utile, visto che anche la nostra Acropoli e le nostre mura sono un patrimonio archeologico e architettonico che non ha eguali? Innanzi tutto, dobbiamo essere consapevoli che il cammino è lungo e che si può affrontare solo creando le strutture (commissioni, uffici, servizi, alleanze, comitati con personalità di livello riconosciuto) per sostenere un progetto di lunga durata.
L’altro insegnamento è che, per convincere le commissioni dell’UNESCO, è necessario tracciare un disegno che vada al di là del singolo, pur eccezionale, monumento, quello che gli esperti cercano, infatti, è di individuare, più che una singola testimonianza artistica o archeologica, la traccia di un momento generatore di una epoca nuova, un germe di futuro nell’ambito di un percorso storico dell’umanità.
Si tratterà, dunque, di aprire un discorso che vada al di là di Alatri per arrivare a coinvolgere tutte le città della nostra zona sede di insediamenti di mura e costruzioni megalitiche, e quindi di progettare una proposta nell’ottica premiata dall’UNESCO e poi candidarsi. Si può fare, ma con pazienza e sapendo dall’inizio che ci vorrà tempo. Ma se non si comincia è certo che non si arriverà mai alla mèta.
Da ultimo: l’UNESCO nel decretare gli affreschi padovani “patrimonio dell’umanità” ha anche valutato la qualità della conservazione e dei restauri realizzati e ha dettato prescrizioni per il futuro. Penso che se la commissione venisse a visitare l’Acropoli e la trovasse circondata dalle macchine, e con il piazzale nello stato in cui spesso lo troviamo noi, chiuderebbe la pratica in un attimo, segnando un “NO” grande come una casa alla conclusione dell’esame.
Tarcisio Tarquini
26 luglio 2021