Buongiorno a tutti voi, qui convenuti sull’acropoli, per accogliere il primo raggio di sole del Solstizio d’Estate 2025. Buongiorno a tutti i bambini e a tutte le bambine. Un saluto a tutti da parte del Maestro Temistocle Capone.
In questa mattina, per una breve riflessione sul perché del nostro venire qui e soprattutto sul perché degli studi archeoastronomici di don Giuseppe Capone, vorrei proporvi un’immagine, apparentemente lontana dal credo pagano di chi volle fissare con le nostre pietre poligonali la forma della costellazione dei Gemelli. Recentemente ho avuto modo di osservare l’immagine della Trinità, nella piccola chiesa carissima all’ingresso di Alatri. Ho notato un particolare, nell’aureola (il nimbo) della figura di Cristo: sullo sfondo color d’oro, il pittore ha tracciato tre interruzioni, come dei raggi, che, seguendo i punti cardinali, direi posti a nord, a est, a ovest lungo il circolo dell’aureola; quelle brevi linee sono composte di due colori affiancati, il bianco e il rosso. Apparentemente nulla di particolare, a meno che non si entri nel labirinto della simbologia che, dai primi secoli dell’alto medioevo, ha offerto per i colori delle interpretazioni che spesso ci sfuggono. Risparmio a voi dove ho attinto queste informazioni, ma arrivo subito al dunque; in epoca medioevale, nella fase più antica, il colore che si opponeva al bianco non era il nero, ma il rosso: una traccia rimane ancora oggi sul piano di alcune scacchiere, con i quadrati bianchi e rossi.
E, lo dico semplicemente, nel medioevo il bianco era considerato un colore positivo, il rosso un colore negativo; nell’ambito della vita umana, il bianco trasmetteva l’idea della luminosità e della integrità, di ciò che non aveva macchia; il rosso imponeva il pensiero del fuoco, del sangue, del dolore. I due colori rappresentavano l’uno il contrario dell’altro, l’uno l’idea di vita, l’altro il pensiero della morte, l’uno il momento dell’inizio, l’altro il punto della fine.
Il pittore che inserì questi tratti, a contatto tra di loro, nell’aureola di Cristo, per il discorso riassunto dai simboli, voleva dire il pensiero di una teologia che per noi è diventato un mistero: in Cristo – dio si compongono, si abbracciano, si spiegano insieme i termini che nella vita risultano opposti, perché il bianco e il rosso vivono nella stessa luce d’oro della divinità trinitaria.
Quando don Giuseppe Capone ha individuato la radice astronomica sulla quale si fonda la roccia della nostra acropoli e ha rivelato la pianta radiale di Alatri, ne sono sicuro, lui ha riscoperto in questo sistema topografico quel principio teologico riassunto nei colori bianco e rosso dell’aureola di Cristo. I fondatori di Alatri, provenienti dal mondo al confine tra gli Hittiti e la Mesopotamia, avevano già pronunciato quel discorso di fede, scrivendolo però con le loro parole, che non avrebbero potuto diredi Cristo. Lo dissero allora così: intorno alla roccia aperta di questo luogo sacro, si compongono e si armonizzano due tratti opposti di luce: il primo raggio di sole, che raggiunge questo osservatorio astronomico e lo l’illumina, biancheggiante, proveniente dal nord – est dei monti Ernici al solstizio d’estate; eil raggio di sole che, rosseggiante, al tramonto del solstizio estivo, lo raggiunge dal nord – ovest di Fumone; il simbolo della vita che nasce e il simbolo della esistenza che tramonta, si incardinarono e continuano a incardinarsi sulla pietra, il simbolo della certezza irremovibile ed eterna. Dissero così, i fondatori di Alatri, che i termini d’inizio e di fine del nostro vivere umano, l’alfa e l’omega, rimangono inseriti in un progetto divino, di appartenenza al cielo. Dissero: apparteniamo al cosmo, ne traiamo e ne siamo sostanza, lo riveliamo consapevolmente nella struttura megalitica di Alatri, la nostra meravigliosa mamma.
Gianni Boezi
