HOMEPAGE CRONACA Pirazzi, quando Veroli si riprende i colori

Pirazzi, quando Veroli si riprende i colori

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 Veroli in un giorno di felicità. Una gioia collettiva che nasce dalla condivisione dell’arte e della autentica bellezza, talmente dirompente da volerla celebrare in opere pittoriche ‘senza veli’, esattamente così com’è. Sono le opere di Americo Pirazzi, scultore, pittore, Verolano. Scorci e paesaggi spogliati da quell’aria snob e malinconica che aggiunge fascino e mistero a chi non ce l’ha. La Veroli di Americo è diversa, è la Veroli vera, quella dei vicoli rossi, del sole giallo, delle finestre verdi, del fiore viola sbocciato sul balcone. Sono poesie in vernacolo, quasi sfacciate nella loro più sanguigna autenticità. Non ci sono volti di abitanti negli scorci di Pirazzi, ma c’è la vita di tanti intitolata alla loro felicità. Sono piazze che profumano di crespelle, campanili che annunciano la festa, palazzi dirompenti come il seno delle balie. Americo Pirazzi Veroli la conosce, la conosce bene, l’ha vissuta e ne esalta la parte più nobile: quella dei verolani. Qui, in queste opere straordinariamente belle e realistiche Veroli è dei verolani, il turista è un ospite. Qui, la distanza tra le pietre del muro antico nasconde la ragnatela che attraversa i secoli. L’acqua della fontana canta stornelli, lo scalino racconta la corsa di un bambino. La Veroli che si mostra artisticamente nuda, solare, paesana, nostra. La sola felicità possibile è nella ricerca di quello che si ha, nello sguardo che vede e non cela, nella mano di chi sa raccontarlo tessendo pietra dopo pietra, foglia dopo foglia, la bellezza dei colori di una cittadina che non ha bisogno di tacchi alti e trucco. Al contrario si rischia di perdersi in una spirale egotica in cui si finisce per perdere di vista la dimensione effettiva del privilegio di essere Verolani. Americo questo privilegio non lo ha perso, e forse più di chiunque altro riesce a dipingere il luogo a noi più caro che non è necessariamente sempre quello in cui non fummo, ed in cui ancora non siamo.

Monia Lauroni