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Il 4 novembre, tra retorica e nostalgiche allusioni

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 Alla luce di tante dichiarazioni lette e sentite in questi giorni, facevo una riflessione del tutto personale sulla festa del 4 novembre. Una ricorrenza che si ammanta spesso, per ignoranza storica o, addirittura, per malposte tesi politiche, di quella retorica nazionalista cara ai regimi totalitari di inizio 20° secolo.

È giusto ricordare il sacrificio di tante vite al fronte. Ma non saremmo onesti se dimenticassimo le vittime civili del disastro bellico e l’assoluta non ineluttabilità strategica della partecipazione italiana al primo conflitto mondiale – se è vero che lo stesso Giolitti era convinto di una soluzione politica. Non saremmo onesti se narrassimo epicamente vicende che invece, storicamente, hanno tutt’altro colore e sapore. Ed infine non saremmo onesti se non ricordassimo i tanti orrori ed errori di una gerarchia militare impreparata e autoreferenziale, come, ad esempio, la fucilazione di 15.000 giovani italiani pacifisti o “renitenti” come si diceva allora.

Parafrasando De Gregori “la guerra non è bella, fa male!” Otto Dix, il grande pittore tedesco, combattente anche lui, ha trovato le parole giuste per descrivere la realtà bellica: «Pidocchi, ratti, reticoli, pulci, granate, bombe, fossi, cadaveri, sangue, grappa, topi, gatti, gas, cannoni, sporco, pallottole, mortai, fuoco, acciaio, questa è la guerra!», ha scritto. È difficile, credo, augurare a un ventenne di oggi, ad un nostro figlio, di affrontare quell’inferno.

Per unire il Paese, ci sono – e c’erano allora – altre strade, altre possibilità diverse dalla guerra e dalla retorica nazionalista. E comunque ci si deve avvicinare al passato con rispetto, per comprenderlo dall’interno, per entrare il più possibile negli occhi e nella mente dei suoi protagonisti; non per esaltarlo con facile, cabarettistica marzialità e dubbia retorica a posteriori.

La democrazia non ha bisogno di miti, né di riti unanimistici, ma di pensiero critico. Il mito serve a consolidare il potere di chi già ce l’ha, il pensiero critico a esercitare controllo su come il potere viene esercitato.

Saluti!

Antonio D’Alatri