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Il dramma dei rifugiati irrompe sullo schermo a Venezia

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Sono appena passate due opere sugli schermi di Venezia legati dallo stessa tema ma visto sotto sguardi diversi.


 

La prima “Human Flow” (la corrente umana) è di Ai Weiwei, artista cinese e militante per i diritti umani. Il lungo documentario (140 minuti che necessitano di qualche taglio nella versione in sala) parla del dramma dei rifugiati in tutto il mondo e cisi rende conto di quale piccola parte interessi l’Italia rispetto ai numeri che coinvolgono altri paesi come la Turchia, il Libano, i territori sub sahariani o l’Iran e il Pakistan. Il regista non cerca di approfondire qualche caso che sia paradigmatico o paradossale, non vuole andare ad indagare le singole storie, non vuole trovare l’eccezionale o mostrare una storia da cui desumere un senso.

Al contrario vuole mostrare le grandi masse, stupire con le reali proporzioni del fenomeno mondiale. In questo senso anche le sua durata, per quanto pesante, è necessaria allo scopo: rendere la vastità del fenomeno. L’uso del drone per riprendere alcune situazioni è strumentale a tale scopo. Nel complesso il film è coinvolgente, pur partendo da una tesi unica che si sviluppa senza contraddittorio, di cui si sente la mancanza.

Dal tema dei rifugiati, questa volta circoscritto al Libano ed ai rapporti tra i cristiani libanesi ed i palestinesi, parte il film di Ziad Doueiri, assistente cameraman di Tarantino, ed Autore di Attack. Il tema è da commedia: Yasser, ingegnere palestinese rifugiato in un campo profughi vicino Beirut. Anche se costretto a fare il capomastro, svolge il suo lavoro in maniera puntigliosa ed attenta senza scendere a compromessi e questo gli causa più di un problema come il litigio con Toni, militante cristiano che vede i palestinesi come i leghisti i terroni o i neri.

Da un insulto verbale si passa ai fatti come reazione alla frase “Sharon doveva sterminarvi tutti”. La parola ai tribunali e la questione da personale diventa pubblica, i media se ne impossessano, gli ultras da una parte e dall’altra si inseriscono ed i due contendenti, molto uguali come indole, finiscono per essere sopraffatti dalla marea che sale. Su questa situazione si innesta lo scontro tra padre e figlia che vede di fronte i due avvocati difensori. Alla fine ci sarà la sentenza ma ai due protagonisti non interessa. Loro hanno trovato il modo per chiarirsi a modo loro. Buon film, senza pretese, che si lascia guardare per tutte le quasi due ore.

Alfredo Salomone